sabato 30 dicembre 2017

IL BISOGNO E L'ATTENZIONE


Siamo tutti immersi in un quotidiano pieno di impegni e di azioni, proiettati in  realtà professionali e affettive che chiedono partecipazione e risposte. Il CHI SIAMO si specchia nelle condivisioni  e nei distinguo, ma cosa può spingere ad andare oltre ciò che sappiamo di noi, intimamente?
Tra le tante risposte possibili oggi ne mettiamo in luce due, come offerte di riflessione, soste nelle quali sedersi e depositare i pesi, accogliere.
IL BISOGNO nasce da un equilibrio che crolla, un dolore fisico, la sofferenza di un proprio caro, una difficoltà nel concreto. Il bisogno è più veloce dei pensieri di controllo, è come una freccia che parte prima ancora di decidere dove mirare. Il bisogno chiede soddisfazione e cambiamento, chiede di trovare soluzioni, di cambiare qualcosa, anche se non si vorrebbe mai cambiare troppo. Il bisogno spinge oltre ciò che sappiamo di essere, in cerca di risposte e di nuove domande.
Il giocatore ci può aiutare a mettere a fuoco le componenti del nostro bisogno, basta disporre le carte coperte e formulare la richiesta. Poi si sceglie una carta e si scrive la storia. Perché è necessario scrivere? Perché attraverso le immagini che la carta suscita, entriamo in profondità e visitiamo parti di noi che il pensiero razionale non può indagare. La carta è come una scintilla che accende la nostra ATTENZIONE e focalizza la ricerca. L’attenzione è l’accorgersi, accorgersi del nostro respiro, delle tensioni del corpo, accorgersi delle emozioni che proviamo, dei pensieri che creano la nostra visione del mondo. Essa si lega anche alla scelta, perché ci è sempre possibile scegliere cosa sentire, vedere,  percepire. Anche intorno a noi. Un raggio di sole,  una città,  il silenzio o le parole di un libro...

Il giocatore turbato cercò di capire da quale punto del suo cervello provenisse la voce, portò la sua attenzione alla corteccia, penetrò le aree sensoriali, contattò le ghiandole, ma era come se i suoi strumenti non fossero abbastanza sottili, come se la sua ricerca si arenasse nel vuoto.
Un ruscello che bagna la sabbia.
La voce riprese...


sabato 11 novembre 2017

IL GIOCO RADICE



Era il 2010 quando, nell’insieme delle carte già pronte, si instaurò un principio ordinatore che le setacciò,  per dare una prima forma alla loro vocazione di  strumento formativo e introspettivo.
Destrutturare e ricomporre, erano state le parole di Beppe Vercelli che ci invitavano a creare un piano, un contesto nel quale alcune carte avessero un ruolo, oltre che un significato.
Le prime sei carte si manifestarono immediatamente, altre tre le propose Artis, la decima, a quel tempo non era ancora stata scritta: la carta delle guarigione sarebbe arrivata dopo, quando saremmo state pronte ad accoglierla.
La possibilità di un vero e proprio “gioco” con le carte nacque allora, mentre leggevamo i libri di Stanislav Grof, sulla psicologia transpersonale, e nascevano i disegni delle carte del mare, di Irina e delle misteriosa carta invisibile. Artis, le cui parole Nadia ascoltava e trasmetteva da molti anni, dettagliò una prima versione del gioco, attraverso  la sua visione spirituale.
Ora possiamo trasferire parte della sua comunicazione, come aiuto alla comprensione e al riconoscimento di significato del Gioco Radice.

Le carte non sono loquaci se non portano con sé il risvolto di una comprensione interiore e questa comprensione non può essere univoca per tutti coloro che interrogano la carta.
È una prima consegna che  permette di affermare che il disegno può significare molte interpretazioni e che non vi sono eloquenze stereotipate per ogni carta.
La complicità con la carta scelta saprà portare  l'interlocutore a riconoscerne il senso per lui evidente in quanto portatrice di interrogazioni, di stimoli, di riflessioni che lo conducono verso l'introspezione che si accende e che interviene a maturare risposte o a confezionare ulteriori interrogazioni, stimoli o riflessioni.
Le carte hanno però un loro carattere intrinseco, raccontano un'intenzione, nascondono una matrice dalla quale partire per ricomporre e scomporre, indicano una forma che simbolicamente determina delle proiezioni piuttosto che altre.
E questa loro facoltà di essere affrontate e accolte con individuale disponibilità o reticenza interpretativa, ma di essere anche riscontro predefinito induttivo e deduttivo in un ambito di concessioni interpretative confinato e solutorio , chiede necessariamente,  a chi amministra le carte, una conoscenza molto accurata della “forza” intrinseca di ognuna e una metodologia di “conversazione” con le carte e gli interlocutori essenziale e precisa.
Il disegno, il segno grafico, è una sollecitazione che conduce verso connessioni e libera il sentire interiore, il quale necessita di essere collocato in una dimensione strutturata, in una dinamica relazionale “monitorata”, controllata, per non disperdere la sua fungibilità con quanto sta accadendo.
Va sempre mantenuta la responsabilità di chi possiede il “gioco” delle carte e non va mai delegata.
Il “gioco” deve possedere delle regole e deve concedere delle deroghe che si dimensionano a seconda delle circostanze intervenute.

Il “gioco“ inizia con una presa tattile da parte dei giocatori del mazzo di carte: i giocatori devono poter affermare il fluire energetico delle carte, ma anche la loro semplice materialità e sostanza.
Le nove  CARTE MATRICI indicano una ciclicità “spiralica” di possibili eventi/struttura.
1 – CARTA BIANCA  - il primordiale, l'origine.
2 -  CARTE VOLANTI –  la reincarnazione, il progetto di vita
3 -  CARTA DEL DOLORE E DELLA TERRA – la materialità della terra, il dolore.
4 -  CARTA DELLA NAVE – il disequilibrio, lo smarrimento.
5 -  CARTA DELLA MASCHERA DEL CONOSCIUTO – la conoscenza, l'apprendimento
                                                                                                intellettuale.
6 -  CARTA DELLA MASCHERA DELL'INCONSAPEVOLE – l'inconscio, la non
                                                                                                         consapevolezza.
7 -  CARTA DEL CAVALLO CON LA SELLA ROSSA – l'arresto, la tregua, il blocco.
8 -  CARTA DELLA CARTA INVISIBILE – la fine, la morte.
9 -  CARTA DELL'ANGELO – l'evoluzione spirituale.

Le carte matrici sono scelte scoperte dai giocatori, i quali possono consegnare, come risultato della loro interazione con il disegno, uno scritto o una composizione grafica ulteriore.
Lo scritto concede maggiori opportunità di corrispondere con la propria interiore consegna emotiva e può condurre alla costruzione di un racconto/metafora, oppure alla descrizione delle sensazioni o non sensazioni provate, oppure ancora alla semplice descrizione di ciò che graficamente il segno evoca e rappresenta.
La composizione grafica è più rassicurante come consegna, ma più difficile da esplorare in quanto emozione reattiva. La composizione andrà sempre commentata a latere con una descrizione scritta.
 Il tempo lasciato a questo momento reattivo va definito.
Segue un momento di restituzione collettiva delle emozioni sollecitate: indifferenza, poca comprensione, piena adesione, restituzione accesa, sensibilità, ecc.
Sono confronti a cui siete chiamate a rispondere con immediatezza  ed efficacia, offrendo  la possibilità di perfezionare  l'indagine introspettiva scegliendo una ulteriore carta “cieca “, coperta.
I giocatori possono continuare il loro percorso di “gioco” completando la narrazione, indulgendo nella descrizione delle sensazioni, modificando la comprensione precedente, accogliendo le sollecitazioni ricevute, modificando la scelta della modalità con cui hanno reagito nella prima fase.
Il momento successivo è ancora interlocutorio: può ancora essere opzionata una scelta di carta coperta, ma deve essere l'ultima in assoluto.
Tre carte sono sufficienti per condurre il giocatore a trarre “beneficio” dall'incursione sollecitata.
Ma è necessario che vi sia, già in questo termine di “gioco”, la consapevolezza dell'accaduto, della significatività anche solo accennata, delle consegne lasciate dall'esperienza.
Vanno guidati in questa affermazione attraverso interlocuzioni precise e discrete.
Il momento ultimo è quello che cesella il lavoro/gioco condotto.



mercoledì 4 ottobre 2017

L’INTENZIONE

L’intenzione è un atto di volontà. La volontà si mette in movimento quando siamo alla ricerca di qualcosa, quando realizziamo un progetto, quando tendiamo a una meta. Quando vogliamo capire, intendere. Appunto.
L’intenzione è essenziale quando giochiamo con le carte del giocatore.
Essa esprime il punto limite delle nostre riflessioni, il confine che vogliamo superare e la richiesta che facciamo alla nostra immaginazione. L’intenzione ci obbliga a porci le domande sul nostro stato d’animo o sull’esperienza che stiamo vivendo.
E quando abbiamo esplorato il possibile e rimane in noi un vuoto o un bisogno o un ulteriore interrogativo, allora siamo pronti per scegliere una carta.
Poniamo la domanda: chiara e precisa. Muoviamo le mani sul mazzo di carte, posate coperte davanti a noi, ascoltando il richiamo. Scegliamo.
Eccola. La giriamo, la osserviamo, descriviamo l’immagine e cosa evoca in noi, ascoltando attentamente le sensazioni che proviamo.
Poi accogliamo la storia che nasce, come una sorgente che diventa fiume, lasciamo scorrere.
Accogliamo il titolo.
L’aiuto.


L’arbusto delle rose cresceva al riparo del sole. Un sole che si irradiava come un manto protettore, luminoso e caldo, separando l’arbusto dal buio. Sull’arbusto c’erano quattro fiori, che si espandevano ognuno in una direzione, ognuno con il proprio temperamento. Il bocciolo curioso e chiacchierino guardava in basso e raccontava alle formiche e ai fili d’erba storie fantastiche.
La natura dell’arbusto era lì?
La rosa quasi tutta aperta se ne stava dritta e sicura al centro dei rami. Si mostrava con fierezza, consapevole di essere bella e di essere perfetta.
La natura dell’arbusto era lì?
La rosa più grande si trovava più in alto, era cresciuta molto, ma ora alcuni petali stavano perdendo il colore. Sentiva il brivido del cambiamento e la fragilità del suo stelo, ormai indebolito.
La natura dell’arbusto era lì?
E c’era una quarta rosa. I petali erano ancora tutti insieme, ma ormai trasparenti indicavano che la sua bellezza stava passando ed era tempo di lasciarla andare e di cedere alla caduta e alla perdita.
La natura dell’arbusto era lì?
E poi c’erano le foglie e quel sottile filamento che da esse saliva nell’arco di luce e in esso si confondeva. Cosa significava quel legame?
La natura dell’arbusto era lì? In quel filo verde che diventava arco di luce?
Una donna osservava l’arbusto e si poneva delle domande, ma nessuna risposta saliva alle sue labbra, mentre sentiva che quell’arbusto esisteva per lei proprio perché lo stava vedendo.
La natura dell’arbusto, allora, era nel suo sguardo?
La donna accarezzò i suoi capelli e respirò profondamente. Il suo vedere l’arbusto dipendeva dal suo corpo e dalla sua volontà, quindi la natura dell’arbusto era anche dentro di lei…
Domande e sospiri si alternavano dentro di lei, li ascoltò sempre più consapevolmente, fino a che si fusero insieme e si dissolsero in un silenzio puro e potente.
Allora anche il respiro fu libero, quieto e senza pensieri.

martedì 14 febbraio 2017

LA CARTA DEL POZZO


La STORIA del pozzo ci consegna l’esperienza della caduta in esso, del contatto con l’acqua profonda e della scoperta di percorsi all’interno, che ci consentono di tornare in superficie con nuove vitalità, arricchiti dal contatto con le risorse sotterranee. 
La CARTA del pozzo, sulla quale ora stiamo indagando, con intenzionalità precise e storie inattese, si arricchisce di ulteriori significati, proprio mentre stiamo lavorando sul concetto di TEMPO. 



La sincronicità ci guida e troviamo sul libro Vocabolario, di Igor Sibaldi, filosofo e scrittore, sotto la voce ETERNITÀ, una immagine che esprime un tempo circolare e concentrico nel quale la mente si può spostare a suo piacimento, rendendo possibile la percezione del tempo lineare e dell’atemporalità. 
"... Quanto più riusciamo ad avvertire il nostro presente come eterno, tanto più i limiti si dissolvono in ogni direzione..."




 
E poco dopo ricordiamo il quadro Ascesi all’Empireo di Hieronymus Bosch, pittore olandese del 1400, e proviamo l’incantamento che le opere d’arte sanno suscitare, quando le loro vibrazioni risuonano con parti di noi e svelano ciò che le parole e le nostre menti ancora non sanno dire. 


lunedì 2 gennaio 2017

LA CARTA DELLA NOTTE


A volte la stessa carta si presenta più volte alla stessa persona, per una domanda improvvisa, una conferma, o il bisogno di trovare una guida.
Allora ci si interroga sul senso di questa presenza, oppure si sorvola, in attesa. A volte si leggono le interpretazioni proposte, a volte si attendono altri segni.
Solo quando si scrive, però,  la carta inizia a parlare, suggerendo viaggi come sempre inaspettati, aprendo nuove visioni, invitando archetipi.
Così nasce una nuova storia. Alla fine di un anno, all’inizio.

La donna svelata

La donna avanzava velata sotto cappelli dalla rigida struttura, da cui pendevano veli colorati che rendevano molto aggraziato il suo portamento. La donna avanzava, con i suoi guanti di pizzo, in tinta con le sfumature violacee del vestito. E avanzando sembrava danzasse, alla luce della luna che si era alzata all’orizzonte. Continuò ad avanzare, attraversando la città silenziosa, oltrepassando la periferia, superando i campi, fino a quando raggiunse la riva del mare. Era notte, ma la luce della luna dava splendore alle onde e brillio ai suoi occhi.
Camminò sui piccoli sassi, in riva al mare, il bordo del suo vestito si inzuppò d’acqua, ma non si fermò, continuò a camminare verso la scogliera solitaria, dove grandi pietre levigate si ergevano alte a picco sul mare. Salì velocemente, si tolse i guanti e presto si tolse anche il cappello con i lunghi veli e riccioli ribelli sfuggirono alla sua acconciatura. Slacciò il corsetto, poi si tolse le scarpe, poi strappò la gonna accorciandola. Quando giunse sulla cima della scogliera era accaldata. Si sedette sul bordo osservando il mare che mugghiava sotto di lei. Si era alzato un po’ di vento e il frastuono delle onde riempiva le sue orecchie e tacitava i suoi pensieri. La luna splendida si offriva generosamente alla sua contemplazione.
-Ho bisogno di aiuto, disse la donna, per essere giusta, per essere vera.   
La luna sembrò guardare la donna sulla scogliera, sembrò cercare con lei il suo aiuto. Avrebbe voluto cantarle una canzone, ma il rumore delle onde era troppo forte. Allora fece qualcosa per far capire alla donna che la stava ascoltando e che le era vicina.
La splendida e luminosa luna piena si coprì, raccogliendo i veli che la donna aveva lasciato cadere e, nel velarsi, attutì la sua luce e la donna, stupita, capì che la luna la stava ascoltando. Allora guardò nel cielo l’astro notturno e l’intreccio di veli che la coprivano.
E piano piano quei veli assunsero delle forme e quelle forme raccontarono una storia che la donna cominciò a comprendere e a interpretare.
Subito apparve una cerva e poi un unicorno, insieme si dissetarono a un lago, poi si guardarono a lungo e poi si separarono andando in direzioni opposte.
La donna vide l’unicorno seguire la circonferenza in senso antiorario, mentre la cerva seguiva quello orario. Li vide via via più separati, opposti, a guardare diversi spicchi di cielo e poi li vide riavvicinarsi lentamente verso l’arco inferiore della luna e poi incontrarsi di nuovo. Viso contro viso.
Poi la cerva rimase ferma e l’unicorno sembrò uscire dalla luna e muoversi incontro alla donna. Era un unicorno argentato, il suo muso sfiorò le mani della donna, cercandone la carezza. La donna lo sfiorò dolcemente, lui si chinò per farla salire sul suo dorso. Insieme si avviarono oltre la scogliere, oltre la spiaggia, avanzando verso nuove terre e nuovi tempi.