domenica 9 giugno 2019

ANTENATI


Quelli che sono sempre stati  parte dell’Invisibile.
Ne conosciamo i nomi, forse alcuni frammenti di biografia, tramandati nelle storie della famiglia. Alcuni non sono così lontani nel tempo, abitavano dove viviamo noi, oppure vivevano in paesi sconosciuti, in situazioni così differenti che stentiamo a immaginare. Abbiamo qualche foto sbiadita, qualche oggetto, forse, le date di nascita e morte, così stranamente ripetute nelle generazioni successive. Gli Antenati a cui non avremmo potuto chiedere.
E poi quelli che sono diventati parte dell’Invisibile, a cui non abbiamo chiesto tutto, a cui non sapevamo di aver bisogno di chiedere. I nonni, gli zii. I genitori, così vicini, così scontati, con tutto ciò che crediamo di sapere o di voler sapere. Un sotterraneo emotivo potente e inesprimibile. Scivolati via con i loro sogni e i destini intrecciati
E poi gli Antenati che ci sono ancora, depositari di storie e di segreti, occasione e possibilità di avere sguardi diversi e ampliare le conoscenze. Quelli che ci inteneriscono e che ci urtano, quelli che fatichiamo ad accogliere. Quelli che diventeranno invisibili e sarà troppo tardi –allora- per le parole. Sarà -chissà- un altro tempo per inaspettate vicinanze.
La relazione con gli Antenati occhieggia dalle carte-storie del Giocatore, evocando il non detto e invitando ad assumere conoscenze, a integrare ciò che si cela. A porre attenzione.
La carta scozzese mostra le evidenze di un legame con “il clan”, inteso come bagaglio e risorsa, vincolo e peso, a seconda della domanda e di chi scrive. In ogni caso si tratterà di fare i conti con la famiglia in senso ampio, con le proprie origini, con le eredità ricevute in dono, o subite come fardello. L’invito è ad appartenere senza vincoli e a riconoscersi nell’antico sapere.
La carta dei grandi laghi, che esprime il compimento delle progettualità e la sosta in dimensioni di profonde riflessioni, chiede di liberare le energie trattenute nella storia familiare, di lasciar andare esperienze irrisolte o incomplete, integrandole in una visione unitaria della propria esistenza. Non è necessario sapere tutto, ma vivere la leggerezza malinconica del seguire l’acqua che riprende a scorrere, dopo essere stata liberata.
La carta che non c’era evoca la mancanza e il bisogno di completamento, più come emozione indefinita che come pensiero indagatorio. Si tratta di “liberare il vuoto delle assenze”, affidandosi alle sfumature interiori, ascoltando  quelle voci che mormorano, al di là delle nostre convinzioni, e ricordano che molte sono le carte del mazzo, ed è la loro unione a restituire senso e potenza.
Altre carte? Aspettiamo le vostre esperienze e idee.
Dopo il gioco radice possiamo affinare quello degli Antenati.

sabato 2 marzo 2019

UN AMICO DEL GIOCATORE


Federico è un grande amico del Giocatore. Sensibile, aperto, poeta, sceglie le carte con cura e  vive intensamente  le immagini che vengono alla luce. Lo ringraziamo per averci concesso di condividere l’inattesa storia emersa dopo aver preso la carta della Volpe.
 
Io lo so che in quel posto ci sono già stato. Almeno una volta, forse mille volte.
Le mie narici si riempiono dell’odore acre della cenere che si mischia alla pioggia, poi alla neve, fino a depositarsi a terra, coprendo tutto con la sua patina sottile, sporca e pulsante. Oltre quei comignoli ci sono delle betulle e oltre quei filari ci sono delle case, dei bambini che giocano al pallone; ci sono dei boschi, dei fiumi e delle pianure. C’è la vita. So che tutto questo esiste, anche se in questo momento io non lo vedo. Non posso vederlo.
Un mondo intero oltre il cancello.
Le mie mani cercano di forzare il filo spinato: mentre osservo il sangue purpureo che mi gronda dalle dita mi accorgo che i nodi del ferro hanno forma di stelle: stelle blu come la notte e appuntite come un antico talismano, proprio come quella gialla a sei punte che porto cucita sul petto, sulla pelle a strisce bianche e azzurre che mi hanno tatuato con l’inchiostro indelebile il primo giorno in cui sono arrivato qui.
Le gocce di sangue cadono sulla neve, disegnando forme che i miei occhi in principio faticano a riconoscere: dopo un istante, però, quella macchia rossastra che si sta allargando sulla superficie immacolata che è ai miei piedi assume i tratti fieri di una volpe. Sì, una di quelle volpi che accendevano i miei sogni di bambino. Ma questa non è una volpe uscita da un libro di fiabe: i suoi occhi non sono astuti, il suo pelo non brilla al riverbero della luna. Tuttavia… Tuttavia essa è custodisce un segreto, un segreto che solo un prigioniero come me è in grado di vedere: nel suo grembo è nascosto un bambino. Non è la volpe che lo ha mangiato, è il bambino che si è rifugiato nel tepore della sua pancia.
È esattamente quello che voglio fare anch’io: mentre i comignoli alle mie spalle sputano la loro ultima fiammata, con tutta la forza che mi è rimasta apro un varco tra le stelle del filo spinato, raggiungo la mia volpe di sangue e di neve, immergo le mani nel gelo vibrante del suo ventre.
C’è la vita. Adesso posso vederla. Posso sentirla.



lunedì 11 febbraio 2019

GIOCO RADICE a TORINO


Il Giocatore ringrazia Myriam Lopa per aver organizzato un incontro presso il suo accogliente studio. Il Gioco Radice si è espresso nelle sue molteplici potenzialità, coinvolgendo persone attente e sensibili alle sollecitazioni delle carte.
Grazie a tutti per la partecipazione e per la condivisione di progetti, incertezze e desideri.