Federico è un grande
amico del Giocatore. Sensibile, aperto, poeta, sceglie le carte con cura e vive intensamente le immagini che vengono alla luce. Lo
ringraziamo per averci concesso di condividere l’inattesa storia emersa dopo
aver preso la carta della Volpe.
Io lo so che in quel posto ci sono già stato. Almeno una
volta, forse mille volte.
Le mie narici si riempiono dell’odore acre della cenere che
si mischia alla pioggia, poi alla neve, fino a depositarsi a terra, coprendo
tutto con la sua patina sottile, sporca e pulsante. Oltre quei comignoli ci
sono delle betulle e oltre quei filari ci sono delle case, dei bambini che
giocano al pallone; ci sono dei boschi, dei fiumi e delle pianure. C’è la vita.
So che tutto questo esiste, anche se in questo momento io non lo vedo. Non
posso vederlo.
Un mondo intero oltre il cancello.
Le mie mani cercano di forzare il filo spinato: mentre
osservo il sangue purpureo che mi gronda dalle dita mi accorgo che i nodi del
ferro hanno forma di stelle: stelle blu come la notte e appuntite come un
antico talismano, proprio come quella gialla a sei punte che porto cucita sul
petto, sulla pelle a strisce bianche e azzurre che mi hanno tatuato con
l’inchiostro indelebile il primo giorno in cui sono arrivato qui.
Le gocce di sangue cadono sulla neve, disegnando forme che i
miei occhi in principio faticano a riconoscere: dopo un istante, però, quella
macchia rossastra che si sta allargando sulla superficie immacolata che è ai
miei piedi assume i tratti fieri di una volpe. Sì, una di quelle volpi che
accendevano i miei sogni di bambino. Ma questa non è una volpe uscita da un
libro di fiabe: i suoi occhi non sono astuti, il suo pelo non brilla al
riverbero della luna. Tuttavia… Tuttavia essa è custodisce un segreto, un
segreto che solo un prigioniero come me è in grado di vedere: nel suo grembo è
nascosto un bambino. Non è la volpe che lo ha mangiato, è il bambino che si è
rifugiato nel tepore della sua pancia.
È esattamente quello che voglio fare anch’io: mentre i
comignoli alle mie spalle sputano la loro ultima fiammata, con tutta la forza
che mi è rimasta apro un varco tra le stelle del filo spinato, raggiungo la mia
volpe di sangue e di neve, immergo le mani nel gelo vibrante del suo ventre.
C’è la vita. Adesso posso vederla. Posso sentirla.