Quelli
che sono sempre stati parte
dell’Invisibile.
Ne
conosciamo i nomi, forse alcuni frammenti di biografia, tramandati nelle storie
della famiglia. Alcuni non sono così lontani nel tempo, abitavano dove viviamo
noi, oppure vivevano in paesi sconosciuti, in situazioni così differenti che
stentiamo a immaginare. Abbiamo qualche foto sbiadita, qualche oggetto, forse,
le date di nascita e morte, così stranamente ripetute nelle generazioni
successive. Gli Antenati a cui non avremmo potuto chiedere.
E
poi quelli che sono diventati parte dell’Invisibile, a cui non abbiamo chiesto
tutto, a cui non sapevamo di aver bisogno di chiedere. I nonni, gli zii. I
genitori, così vicini, così scontati, con tutto ciò che crediamo di sapere o di
voler sapere. Un sotterraneo emotivo potente e inesprimibile. Scivolati via con
i loro sogni e i destini intrecciati
E
poi gli Antenati che ci sono ancora, depositari di storie e di segreti,
occasione e possibilità di avere sguardi diversi e ampliare le conoscenze. Quelli
che ci inteneriscono e che ci urtano, quelli che fatichiamo ad accogliere. Quelli
che diventeranno invisibili e sarà troppo tardi –allora- per le parole. Sarà
-chissà- un altro tempo per inaspettate vicinanze.
La
relazione con gli Antenati occhieggia dalle carte-storie del Giocatore,
evocando il non detto e invitando ad assumere conoscenze, a integrare ciò che
si cela. A porre attenzione.
La carta scozzese mostra le evidenze di
un legame con “il clan”, inteso come bagaglio e risorsa, vincolo e peso, a
seconda della domanda e di chi scrive. In ogni caso si tratterà di fare i conti
con la famiglia in senso ampio, con le proprie origini, con le eredità ricevute
in dono, o subite come fardello. L’invito è ad appartenere senza vincoli e a riconoscersi
nell’antico sapere.
La carta dei grandi laghi, che esprime
il compimento delle progettualità e la sosta in dimensioni di profonde
riflessioni, chiede di liberare le energie trattenute nella storia familiare,
di lasciar andare esperienze irrisolte o incomplete, integrandole in una
visione unitaria della propria esistenza. Non è necessario sapere tutto, ma
vivere la leggerezza malinconica del seguire l’acqua che riprende a scorrere,
dopo essere stata liberata.
La carta che non c’era evoca la mancanza
e il bisogno di completamento, più come emozione indefinita che come pensiero
indagatorio. Si tratta di “liberare il vuoto delle assenze”, affidandosi alle
sfumature interiori, ascoltando quelle
voci che mormorano, al di là delle nostre convinzioni, e ricordano che molte
sono le carte del mazzo, ed è la loro unione a restituire senso e potenza.
Altre
carte? Aspettiamo le vostre esperienze e idee.
Dopo
il gioco radice possiamo affinare quello degli Antenati.