martedì 21 marzo 2023

RITORNI 4.5

Quando mi sono svegliata, il giorno era già caldo, un profumo nell’aria, un messaggio in arrivo, una lettura.. un po’ più in là. Ho preso i fogli e mi sono messa a disegnare. Uno due tre... quanti... uno dopo l’altro i fogli si riempiono di segni e di colori, mandala che sorgono uno dall’altro, mandala nei quali tuffare i pensieri che non vengono, le emozioni che non posso fermare. Ho appeso i fogli ai rami degli arbusti, qui non ci sono alberi, quegli alti alberi delle foreste, qui ci sono arbusti: rododendri incendiati di sole a luglio, more e olivelli spinosi, filadelfi e lillà. Chiameranno a casa il mio Giocatore? Li vedrà dall’alto, quando la sua mente percorrerà la nostra casa cercando le tracce della mia presenza? Mi manchi. I disegni hanno tradotto l’anima in segni e colori, tutto è davanti a me, tutto è dentro, insieme al ripercorrere e all’immaginare. I disegni sono diventati bersagli per il battito del cuore, bersagli per i ricordi e i sogni, per le paure mai superate, i blocchi che chiudono lo sguardo. L’amore. Ho centrato anche l’amore, disegnando il piacere e la pelle, il silenzio e i baci, l’invisibile e l’atemporale. L’ho centrato, in un foglio rosso e arancione, lo sfondo blu come il mare. Le frecce sono sempre qui, le accarezzo e le ripasso, nella struttura e nelle potenzialità, mentre il volto del Maestro sorride in un angolo di me e a volte compare all’inizio del sentiero, sulla collina. Così il completamento e l’attesa. L’alchimia. Oggi sono stata sulla riva del lago. Non ero sola. Il mio corpo ha cominciato a muoversi , la gamba destra in avanti, il ginocchio piegato, il piede sinistro rivolto verso l’esterno. Il braccio teso, il pollice all’altezza degli occhi. Il Maestro è entrato in me. Oh... la bellezza. Ho sentito fibre e nervi, ossa e muscoli, sangue e respiro. Ho sentito tutto. Tutto ciò che lui sentiva, che mi mostrava con pazienza e dolcezza, imbracciando il suo arco antico. Ne ho visto i flettenti con aggiunte di corno, la corda elastica e forte, ne ho percepito l’energia trattenuta e rilasciata. Sono caduta a terra. Quando ho riaperto gli occhi, le stelle erano semi brillanti dentro il cielo. Torno ogni mattina al lago, voglio che il Giocatore mi veda lì, quando arriverà. Voglio che distingua la mia linea sottile che si muove, voglio che si domandi se sto danzando sulla rugiada, che capisca, poco alla volta, cosa sono i miei gesti, cosa conducono, cosa ricordano, insegnano. Le nuvole si appesantiscono e l’aria si raffredda, alba dopo alba. Ho cominciato ad accendere il fuoco la sera.

venerdì 3 marzo 2023

Ritorni 4.4

Quanto sono lunghi questi giorni, e le notti senza sonno e senza stelle. Come se stessi attraversando le tenebre fuori e dentro di me. Guardo le frecce, abbandonate a terra, non ho rimesso a posto le faretre, tutto mi sembra privo di significato. Anche la sua partenza. Non ho notizie del Giocatore, a volte sento dove sta andando e cosa sta vivendo, ma ora c’è come una cortina tra i nostri cuori, un filo spezzato tra le nostre menti. Ho preso i gessetti colorati e ho tracciato ragnatele grigie e nere sui fogli trovati in un cassetto. Labirinti, forse sono labirinti nei quali non riesco a posizionarmi. Così non so se sto cercando di uscirne o sto piuttosto muovendomi verso un centro. Alla sera, prima che il fuoco si spenga, brucio i fogli disegnati e la brace assume strane forme, come se comprendesse i significati, come se li respingesse prima e li trasmutasse poi. Al mattino tolgo la cenere, ho fatto un piccolo mucchio nei campi di lupino, talvolta appoggio anche una preghiera. Al tutto, a me. A lui. Al suo ritorno. L’alba mi dice che un altro giorno ricomincia e io traccio un piccolo segno sul muro accanto all’uscio. Potrei contare ormai i tanti segni, otterrei un numero, ma esso non avrebbe nessun significato, né porterebbe comprensione o speranza. Ieri, però, è successo qualcosa di diverso. Ieri... o forse ieri l’altro... o forse sta per succedere... tutto è presente insieme, tutto è adesso, mentre prendo il gesso rosso e traccio una linea verticale a metà del foglio. Solo quella. Una linea rossa che divide la carta. Una freccia forse, prendo un gesso giallo per disegnare la punta. Verso l’alto o verso il basso... che importa quando basta ruotare il foglio. So che non lo brucerò, non l’ho bruciato, ho preso un chiodo arrugginito e l’ho fissato sulla piccola credenza di noce in cui teniamo le coppe per bere. Lì, nella notte, mi terrà compagnia. Ho sognato. La linea rossa stava scendendo dal foglio, era come un fiume che arrivava ai miei piedi. Mi sono spaventata, sembrava sangue e saliva nelle gambe. Saliva fino a sfiorare la punta delle mani che, al contatto, si accorgevano di toccare petali di rosa, ero immersa in un’acqua di rose rosse profumatissima. Damascene. Mi sono svegliata di colpo. Sono andata a toccare il disegno. Era fermo. Polvere di gesso è rimasta sulle dieta, l’ho appoggiata sulle guance, per restituire colore anche al mio viso. Poi mi sono riaddormentata ed era bello.