venerdì 3 marzo 2023

Ritorni 4.4

Quanto sono lunghi questi giorni, e le notti senza sonno e senza stelle. Come se stessi attraversando le tenebre fuori e dentro di me. Guardo le frecce, abbandonate a terra, non ho rimesso a posto le faretre, tutto mi sembra privo di significato. Anche la sua partenza. Non ho notizie del Giocatore, a volte sento dove sta andando e cosa sta vivendo, ma ora c’è come una cortina tra i nostri cuori, un filo spezzato tra le nostre menti. Ho preso i gessetti colorati e ho tracciato ragnatele grigie e nere sui fogli trovati in un cassetto. Labirinti, forse sono labirinti nei quali non riesco a posizionarmi. Così non so se sto cercando di uscirne o sto piuttosto muovendomi verso un centro. Alla sera, prima che il fuoco si spenga, brucio i fogli disegnati e la brace assume strane forme, come se comprendesse i significati, come se li respingesse prima e li trasmutasse poi. Al mattino tolgo la cenere, ho fatto un piccolo mucchio nei campi di lupino, talvolta appoggio anche una preghiera. Al tutto, a me. A lui. Al suo ritorno. L’alba mi dice che un altro giorno ricomincia e io traccio un piccolo segno sul muro accanto all’uscio. Potrei contare ormai i tanti segni, otterrei un numero, ma esso non avrebbe nessun significato, né porterebbe comprensione o speranza. Ieri, però, è successo qualcosa di diverso. Ieri... o forse ieri l’altro... o forse sta per succedere... tutto è presente insieme, tutto è adesso, mentre prendo il gesso rosso e traccio una linea verticale a metà del foglio. Solo quella. Una linea rossa che divide la carta. Una freccia forse, prendo un gesso giallo per disegnare la punta. Verso l’alto o verso il basso... che importa quando basta ruotare il foglio. So che non lo brucerò, non l’ho bruciato, ho preso un chiodo arrugginito e l’ho fissato sulla piccola credenza di noce in cui teniamo le coppe per bere. Lì, nella notte, mi terrà compagnia. Ho sognato. La linea rossa stava scendendo dal foglio, era come un fiume che arrivava ai miei piedi. Mi sono spaventata, sembrava sangue e saliva nelle gambe. Saliva fino a sfiorare la punta delle mani che, al contatto, si accorgevano di toccare petali di rosa, ero immersa in un’acqua di rose rosse profumatissima. Damascene. Mi sono svegliata di colpo. Sono andata a toccare il disegno. Era fermo. Polvere di gesso è rimasta sulle dieta, l’ho appoggiata sulle guance, per restituire colore anche al mio viso. Poi mi sono riaddormentata ed era bello.

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