venerdì 7 aprile 2023

RITORNI 4.6

Il Giocatore aveva ultimato il suo viaggio, incontrando e domandando, aveva raggiunto il costruttore di archi, di cui tanto gli avevano parlato. Aveva capito dal suo sguardo e dalle sue mani perché fosse tanto abile. Anche il suo silenzio aveva parlato. Non aveva domandato, non aveva spiegato. Si era seduto accanto a lui e aveva cominciato a osservarlo. Dopo molti giorni aveva cominciato a cogliere alcuni passaggi di quell’arte antica e preziosa, e l’uomo aveva cominciato a indicargli oggetti da portargli, aveva nominato gesti e creazioni. Altri giorni erano passati, il costruttore aveva cominciato ad affidargli piccoli compiti, gli aveva mostrato i legni migliori e quelli più particolari. Gli aveva insegnato la scelta delle corde, le fibre del lino, i tendini delle gazzelle. Il Giocatore imparava e si appassionava, comprendeva i segreti dell’accumulo dell’energia potenziale, sotto forma di energia elastica, grazie alla deformazione dei flettenti. E poi il rilascio della corda, l’energia che diventa movimento. La trasformazione e le dissipazioni. Non si accorse di aver costruito un arco completo, fino a quando il costruttore non gli sorrise. Era così immerso nel suo compito da dimenticare ogni pensiero, ogni ricordo, ogni mancanza. Persino quella di lei. Quel sorriso lo riportò nel presente, facendogli sentire una gioia pungente e umida. Facendogli pensare a lei. Imbracciando l’arco, prese congedo, lasciando gratitudine. Tornò verso casa. Il profumo del fuoco lo raggiunse per primo, poi la sagoma della casa, nelle luci della sera, guardò dalla finestra e la vide appisolata sul tappeto. L’emozione gli impedì di entrare nella stanza. Si allontanò fra gli arbusti, fu così che vide i mandala appesi. Fu così che seppe e riconobbe. POI... Mi sono svegliata all’improvviso, ho aggiunto della legna al fuoco. Sono irrequieta, eppure non ci sono indizi o segnali di altro. Eppure... Un lieve suono ha pervaso la notte, fischietta sempre così il Giocatore quando si avvicina... si avvicina... Ho spalancato la porta e il cuore. Ci siamo stretti ridendo, frugando fra le labbra e le vesti. L’amore è così... sempre. Abbiamo parlato solo al risveglio, la giornata era fredda e limpida. Ho guardato. Ho visto. Il suo dono. Ho preso la faretra e le frecce e sono corsa nel gelo. Lui sorrideva nell’abbracciarmi, mentre impugnavo l’arco, ne percepivo la flessibilità e la forza. Una due tre... tante frecce scoccate con precisione e impeto, nella gioia di percepire una abilità inattesa e voluta, fortemente. Siamo rientrati con le dita gelate e la luce negli occhi. Mille progetti sono nati in noi. Ora avevamo tutto. Avremmo scoccato le frecce. Centrato in nostri bersagli.

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